IL GRAND TOUR: LE METE TURISTICHE AI TEMPI DI GOETHE
C’era un tempo in cui non esistevano viaggi organizzati, tour operator o crociere. Gli interrail e i soggiorni Erasmus erano impensabili e i giovani europei avevano un solo modo per conoscere il mondo: partire per il Grand Tour. Questo particolare viaggio era intrapreso dai giovani di buona famiglia più o meno all’età di 21 anni. Proprio come il moderno Erasmus e o una sorta di anno sabbatico, il Grand Tour svolgeva la funzione di rito di passaggio dalla giovinezza al mondo adulto. Accompagnati da un tutor, i futuri governanti, artisti o scrittori andavano alla scoperta della cultura del loro continente, attraverso le opere d’arte dei secoli passati, i reperti dell’antichità o entrando in contatto con grandi uomini di scienza. Durante il viaggio, il giovane aveva modo di conoscere la vita al di fuori della sua corte, imparare nuove lingue, commissionare ritratti o acquistare opere d’arte.
Tra studio e divertimento
Per il giovane rampollo il Gran Tour era anche l’occasione per conoscere il mondo esterno: partecipare alle sfarzose feste cittadine, mescolarsi alla gente del luogo e conoscere il lato più selvaggio della vita. La meta finale del viaggio era solitamente l’Italia, con le sue innumerevoli tracce di civiltà passate e il numero impressionante di dipinti, affreschi e opere architettoniche. Le tappe obbligatorie erano Venezia, Roma e Firenze, ma c’era chi si avvenutrava fino a Napoli, alla scoperta delle rovine di Pompei o ancora più giù, fino alla Sicilia e ai segni rimasti della cultura greca. Gli spostamenti avvenivano sempre lungo un percorso ben definito dai precedenti viaggiatori: non era consigliabile infatti uscire da questi tragitti, per via dell’alto rischio di brigantaggio. In mancanza di una vera rete di alberghi o strutture turistiche, i viaggiatori tendevano a sostare in locande o case private, segnalate spesso da amici o conoscenti che avevavo fatto quell’esperienza prima di loro. Nei diari e nelle note dei viaggiatori si trovano infatto diversi riferimenti alla qualità dell’alloggio in cui hanno pernottato o alla cortesia dei padroni di casa. È proprio dal Grand Tour, del resto, che deriva il termine “turismo” per come lo intendiamo: un modo di viaggiare fine a sé stesso, caratterizzato dal desiderio dei viaggatori di conoscere cose nuove e scambiarsi opioni sulla loro esperienza.
I nomi illustrii che hanno deciso di intraprendere il celebre viaggio sono moltissimi: Montaigne, Stendhal, John Ruskin, il poeta Keats e persino la scrittrice Mary Shelley, autrice del Frankenstein. Ma quelli che hanno lasciato maggiori tracce del loro passaggio sono forse il celebre scrittore Johann Wolfgang von Goethe e il poeta inglese George Gordon Bryon. I loro Grand Tour avranno itinerari molto diversi e anche motivazioni diametralmente opposte. Se per Goethe si tratta essenzialmente di un viaggio in Italia alla scoperta delle bellezze artistiche e storiche, per Byron si tratta di un viaggio più turbolento, che parte dal Portogallo, passa per Venezia, ma giunge fino alla pericolosa Costantinopoli e alla straordinaria Grecia.
Andiamo dunque alla scoperta delle principali mete del loro viaggio, lasciandoci ispirare per quello che potrebbe essere il vostro prossimo personale Grand Tour. Qui di seguito trovi un’infografica che raccoglie le principali tappe del Grand Tour di due personaggi più siginificativi della storia di questo singolare viaggio, lo scrittore e drammaturgo tedesco Johann Wolfgang von Goethe e il poeta inglese George Gordon Byron.
Parigi
Molti dei viaggiatori del Grand Tour, tra il diciassettesimo e il diciannovesimo secolo, appartenevano alla classe abbiente o nobiliare briatannica. Il loro viaggio pertanto cominciava con un non facile attraversamento della Manica dalle scogliere di Dover fino a Calais, in Francia, in direzione della loro prima grande tappa: Parigi. È qui che il giovane di belle speranze otteneva il suo ufficiale ingresso in società e soprattutto si aggiornava sulle tendenze e le mode del momento. Già negli anni del Grand Tour infatti Parigi era considerata all’avanguardia in fatto di gusto e raffinatezze. Instaurate le necessarie relazioni e rinnovato l’intero guardaroba, il giovane poteva proseguire il suo viaggio verso sud, sostando a Digione, Lione, per poi attraversare le alpi, in direzione di Torino o Milano.
Verona
Tra le prima città che il colto viaggiatore incrociava una volta giutno in Italia c’era la splendida Verona, con i suoi inestimabili tesori. L’attrazione principale è il magnifico anfiteatro di origini romane, tra i meglio conservati in Europa. A registrare lo stupore per questa scoperta è Goethe nel suo “viaggio in Italia”. Si tratta infatti del primo grande monumento dell’antichità che Goethe piuò ammirare e ne apprezza appunto l’incredibile stato di conservazione. Ma Verona stupisce anche per le sue opere d’arte rinascimentali, in particolare quelle del suo pittore più importante, Paolo Caliari, detto il Veronese, di cui può apprezzare le opere in diverse chiese. Goethe non omette però anch eun certo sgomento per la sporcizia che osserva nelle zone pubbliche e di come sia impssibile trovare alloggi puliti in città.
Venezia
La città sulla laguna era un richiamo fortissimo per molti giovani europei non solo in cerca di tesori artistici ma anche emozioni forti. La Serenissima era infatti ben nota per i suoi postriboli, per il gioco d’azzardo e per tutta una serie di attrazioni per un giovane avido di conoscere il mondo. Lo sa molto bene il celebre poeta Byron che qui visse tra il 1816 e il 1819, con un esercito di 14 servitori e insoliti animali domestici, tra cui 2 scimmie, una volpe e due mastini. Alloggiava presso il palazzo Mocenigo sul Canal Grande e qui iniziò a scrivere il suo celebre Don Juan. Il giovane poeta era un autentico dandy dalle abitudini insolite: si dice ad esempio raggiungesse l’isola del Lido di Venezia a nuoto. Fu sempre lui a dare il nome di “Ponte dei sospiri” al ponte coperto che collega il palazzo ducale alle Prigioni Nuove, il primo edificio nella storia a essere nato con la specifica funzione di carcere.
Roma
Goethe racconta nel suo “Viaggio in Italia” di come acelerò il suo viaggio, finendo per passare solo 3 ore a Firenze, per il desiderio insopprimibile di raggiungere Roma. Finalemnte quello che aveva visto in disegni, dipinti o riproduzioni era davani a lui in tutta la sua imponenza. Goethe ha raggiunto quella che considera la capitale del mondo e può immergersi nella contemplazione dei momumenti dell’antico impero romano. Nel suo diario annota tutte le meraviglie che riesce a vedere ogni giorno, come i famosi ritratti di cardinali realizzati da Tiziano Vecellio o le loggie affrescate da Raffaello. Si rammarica però di come le costruzioni moderne tendano a nascondere o rovinare palazzi o monumenti antichi, paragondando gli architetti a lui contemporanei ai barbari che invadevano Roma nei secoli precedenti.
Catania
Ma il Grand Tour non poteva definirsi tale se non si raggiungeva la Magna Grecia, ovvero la Sicilia e le tracce della cultura ellenica dei tempi di Omero e Pitagora. Il viaggio ovviamente qui si faceva più complicato, ma era sempre una valida alternativa alla Grecia, molto più pericolosa da visitare ai tempi per via della dominazione turca. I viaggiatori spesso si fermavano a Palermo, Messina o Taormina, dove si trova uno splendidio anfiteatro greco ancora oggi utilizzato per spettacoli all’aperto. Curioso è un aneddoto riportato da Goethe riaguardo alla sua permanenza in un’altra importante città siciliana: Catania. Lo scrittore tedesco racconta di come trovò su un muro di una casa la “recensione” alquanto negativa di una locanda chiamata “Il Leone d’oro” e di come, per sua sfortuna, vi si trovò ad alloggiare quella stessa notte.
Istanbul
Ai tempi chiamata Costantinopoli e capitale dell’impero bizantino, Istanbul ha rappresentato il momento clou del Grand Tour di Byron piuttosto insolito (solitamente questo era un paese vietato a causa delle guerre napoleoniche, ma il nostro poeta era un tipo che non si lasciava scoraggiare). Si trovò in città tra maggio e luglio del 1810, avendo modo di ammirare la basilica di Santa Sofia e le immense mura della città, e in una lettera indirizzata alla madre descrivendo i luoghi di sepoltura turchi come “i luoghi più belli della terra”. Di questo periodo turco non abbiamo moltissimi docuemnti scritti da Byron direttamente, ma dal suo fedel accompagnatore John Cam Hobhouse. Pare che il poeta fosse troppo intento a esplorare la città fino a tarda notte, per poi rincasare ubriaco fradicio. Non mancano ovviamente le sue imprese eroiche: sempre nel 1810 attraversa a nuoto lo stretto dei Dardanelli.
Atene
Tra le ultime destinazioni di Byron prima di rientrare in patria c’è Atene. Qui finalmente entra in contatto direttamente con i miti greci e le tracce di quel passato che ha alimentato i suoi scritti e le sue fantasie romantiche. Apprezza L’acropoli e il Partenone, ma anche la bellezza incontaminata dei paesaggi e la vita semplice del luogo. Scrive a sua madre dicendo: “sono arrivato qui in quattro giorni da Costantinopoli […] voi gente del nord non potete immaginare che cosa un estate in Grecia”